Ebbene sono passati 18 anni dal massacro di Capaci: era il 1992 quando Giovanni Falcone, un ministro facente parte del pool antimafia, moriva con la moglie ed i suoi agenti della scorta sulla strada per Capaci, per l'esplosione di un'abnorme quantità di tritolo. Verrà ricordato come un eroe. Un anno dopo muore anche Paolo Borsellino, con lo stesso metodo in Via D'Amelio. Ebbene, passati diciotto anni, ancora non si sa chi siano i mandanti a volto coperto, vi posto un articolo di facebook su questo:
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I diciotto anni, si sa, sono il traguardo più atteso per ogni giovanotto. Si può votare, si può guidare l’auto, e, nei casi più disparati, “ora posso andarmene di casa”. Anche la strage di Capaci, oggi, gli ha compiuti. È una data importante, sennonché, all’interno d’un deposito della polizia di Stato a Bagheria, i fascicoli dell’inchiesta contenenti le carte del gruppo d’indagine “Falcone-Borsellino”, siano state rinchiuse in uno scantinato, in compagnia di topi e muffa che, farebbero presagire un lasso di tempo trascorso vicino ai cent’anni. Decine di migliaia di fascicoli, verbali di interrogatorio e di perquisizione, intercettazioni telefoniche, deposizioni di pentiti, informative su pedinamenti, fascicoli appartenuti ai due magistrati. Lasciati li, a servizio dei topi che, purtroppo non avendo ancora studiato giurisprudenza e indossato la toga, utilizzano quelle carte come toilette e cibo, aiutando la muffa che, pian piano, cancella le indagini d’uno degli avvenimenti più nefasti della prima Repubblica. O forse, il più importante. Ma, un intelligente Napolitano, tralasciando questo fatto di poca importanza, di suo pugno, scrive una lettera alla sorella di Giovanni Falcone, Maria: “diamo il massimo sostegno alle indagini che cercano di chiarire gli aspetti ancora oscuri delle stragi di mafia. È necessario – continua il presidente - sgomberare il campo da ogni equivoco su quegli eventi. L’eroico impegno di Falcone resta indelebile, ed’è prezioso stimolo per la crescita delle coscienze”. Sarebbe bellissimo se, alle parole, seguano i fatti. Difatti, a indagare sui mandanti a volto coperto delle stragi del ‘92, e cioè rappresentanti delle Istituzioni o persone vicine ad essi, è incaricato un solo funzionario della Direzione investigativa antimafia. Un poliziotto che fa da collegamento fra una sua squadretta di investigatori e la procura competente, quella di Caltanissetta. E questo, mentre tv e giornali, cercano di tranquillizzare l’opinione generale, mostrando una procura indaffaratissima, con migliaia di persone che lavorano 20 ore al giorno solo per questo. Niente di più falso. Tra 16 procuratori, 11 sono sostituti, e in un pezzo d’Italia dove non tutti son gentiluomini, e quindi, spesso tendenti a delinquere, a queste indagini s’aggiungono sul groppone anche indagini meno importanti, quali furto di animali o furti d’auto. Quindi, al mattino si occupano delle udienze sui casi più ameni, la sera sulle indagini riguardanti le stragi. Quindi, come Napolitano voglia far luce in questo modo, bisognerebbe domandarglielo. Sperando che prima abbia preso dieci caffè, altrimenti, aspetteremo la risposta invano. Le stragi, parlavano due lingue. Quella dei picciotti, e quella di parti deviate dello Stato. Quindi, chi parla questa seconda lingua, si scolperà sempre, o meglio, scolperà gli appartenenti a questa categoria. Ricordatevi che hanno fatto con la beatificazione di Craxi. Non dobbiamo sperare nelle parole di Napolitano, di Al Nano, o di B (figuriamoci), ma quando il Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, parla ai giovani nell’aula bunker dell’Ucciardone scandendo tra gli applausi che “crediamo ancora che in Italia si possano riuscire a processare anche i colletti bianchi e i corruttori di chi ricopre pubbliche funzioni”, una fiammella, rimane accesa. Nel dare la notizia, i tg hanno mostrato tutto il loro stupore nel vedere dei ragazzi manifestare in modo così deciso la loro volontà di giustizia. Poveretti questi giornalistucoli, bisogna proprio spiegargli tutto. Sono proprio i giovani, che vogliono chiarezza. Grazie a uomini come Salvatore Borsellino, Gioacchino Genchi, lo stesso Grasso, che, tramite la rete, si sono materializzati come veri eroi, non come quelli dei cerebrolesi rincoglioniti dalle reti Rai e Merdaset, di quelli che vanno a dormire tranquilli mentre, nell’ombra, persone come Falcone lavorano per debellare una mafia di cui certi fan della D’Urso ignorano l’esistenza. Però, al primo terremoto crollano le loro case costruite dai picciotti, pagano tasse esorbitanti per sopperire le evasioni mafiose. Ma B, Minzo, ci dicono di stare tranquilli, come avrebbe dovuto esserlo quel magistrato che percorrendo lo svincolo che dall’autostrada che da Punta Raisi conduce a Palermo, si trovò dilaniato da quintali di esplosivo posti in una cabaletta sotto l’asfalto dagli artificieri di Cosa Nostra, ben informati sul momento esatto in cui quell’auto avrebbe attraversato quella strada. Morirono così Giovanni Falcone, la moglie, e trenta uomini della scorta, con lo sguardo rivolto al mare di Palermo e ai distesi campi erbosi che, in primavera, ospitano gli animali al pascolo. Morirono così, diciotto anni fa.
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Il messaggio al quale dobbiamo tutti sensibilizzarci è questo: non lasciamo che questi eroi siano morti per nulla, non lasciamo che l'arroganza ci sovrasti; non sono le belle parole di un libro, non è una favoletta raccontata la notte, è la verità: NOI POSSIAMO FARE LA DIFFERENZA!
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I diciotto anni, si sa, sono il traguardo più atteso per ogni giovanotto. Si può votare, si può guidare l’auto, e, nei casi più disparati, “ora posso andarmene di casa”. Anche la strage di Capaci, oggi, gli ha compiuti. È una data importante, sennonché, all’interno d’un deposito della polizia di Stato a Bagheria, i fascicoli dell’inchiesta contenenti le carte del gruppo d’indagine “Falcone-Borsellino”, siano state rinchiuse in uno scantinato, in compagnia di topi e muffa che, farebbero presagire un lasso di tempo trascorso vicino ai cent’anni. Decine di migliaia di fascicoli, verbali di interrogatorio e di perquisizione, intercettazioni telefoniche, deposizioni di pentiti, informative su pedinamenti, fascicoli appartenuti ai due magistrati. Lasciati li, a servizio dei topi che, purtroppo non avendo ancora studiato giurisprudenza e indossato la toga, utilizzano quelle carte come toilette e cibo, aiutando la muffa che, pian piano, cancella le indagini d’uno degli avvenimenti più nefasti della prima Repubblica. O forse, il più importante. Ma, un intelligente Napolitano, tralasciando questo fatto di poca importanza, di suo pugno, scrive una lettera alla sorella di Giovanni Falcone, Maria: “diamo il massimo sostegno alle indagini che cercano di chiarire gli aspetti ancora oscuri delle stragi di mafia. È necessario – continua il presidente - sgomberare il campo da ogni equivoco su quegli eventi. L’eroico impegno di Falcone resta indelebile, ed’è prezioso stimolo per la crescita delle coscienze”. Sarebbe bellissimo se, alle parole, seguano i fatti. Difatti, a indagare sui mandanti a volto coperto delle stragi del ‘92, e cioè rappresentanti delle Istituzioni o persone vicine ad essi, è incaricato un solo funzionario della Direzione investigativa antimafia. Un poliziotto che fa da collegamento fra una sua squadretta di investigatori e la procura competente, quella di Caltanissetta. E questo, mentre tv e giornali, cercano di tranquillizzare l’opinione generale, mostrando una procura indaffaratissima, con migliaia di persone che lavorano 20 ore al giorno solo per questo. Niente di più falso. Tra 16 procuratori, 11 sono sostituti, e in un pezzo d’Italia dove non tutti son gentiluomini, e quindi, spesso tendenti a delinquere, a queste indagini s’aggiungono sul groppone anche indagini meno importanti, quali furto di animali o furti d’auto. Quindi, al mattino si occupano delle udienze sui casi più ameni, la sera sulle indagini riguardanti le stragi. Quindi, come Napolitano voglia far luce in questo modo, bisognerebbe domandarglielo. Sperando che prima abbia preso dieci caffè, altrimenti, aspetteremo la risposta invano. Le stragi, parlavano due lingue. Quella dei picciotti, e quella di parti deviate dello Stato. Quindi, chi parla questa seconda lingua, si scolperà sempre, o meglio, scolperà gli appartenenti a questa categoria. Ricordatevi che hanno fatto con la beatificazione di Craxi. Non dobbiamo sperare nelle parole di Napolitano, di Al Nano, o di B (figuriamoci), ma quando il Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, parla ai giovani nell’aula bunker dell’Ucciardone scandendo tra gli applausi che “crediamo ancora che in Italia si possano riuscire a processare anche i colletti bianchi e i corruttori di chi ricopre pubbliche funzioni”, una fiammella, rimane accesa. Nel dare la notizia, i tg hanno mostrato tutto il loro stupore nel vedere dei ragazzi manifestare in modo così deciso la loro volontà di giustizia. Poveretti questi giornalistucoli, bisogna proprio spiegargli tutto. Sono proprio i giovani, che vogliono chiarezza. Grazie a uomini come Salvatore Borsellino, Gioacchino Genchi, lo stesso Grasso, che, tramite la rete, si sono materializzati come veri eroi, non come quelli dei cerebrolesi rincoglioniti dalle reti Rai e Merdaset, di quelli che vanno a dormire tranquilli mentre, nell’ombra, persone come Falcone lavorano per debellare una mafia di cui certi fan della D’Urso ignorano l’esistenza. Però, al primo terremoto crollano le loro case costruite dai picciotti, pagano tasse esorbitanti per sopperire le evasioni mafiose. Ma B, Minzo, ci dicono di stare tranquilli, come avrebbe dovuto esserlo quel magistrato che percorrendo lo svincolo che dall’autostrada che da Punta Raisi conduce a Palermo, si trovò dilaniato da quintali di esplosivo posti in una cabaletta sotto l’asfalto dagli artificieri di Cosa Nostra, ben informati sul momento esatto in cui quell’auto avrebbe attraversato quella strada. Morirono così Giovanni Falcone, la moglie, e trenta uomini della scorta, con lo sguardo rivolto al mare di Palermo e ai distesi campi erbosi che, in primavera, ospitano gli animali al pascolo. Morirono così, diciotto anni fa.
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Il messaggio al quale dobbiamo tutti sensibilizzarci è questo: non lasciamo che questi eroi siano morti per nulla, non lasciamo che l'arroganza ci sovrasti; non sono le belle parole di un libro, non è una favoletta raccontata la notte, è la verità: NOI POSSIAMO FARE LA DIFFERENZA!