confessioni di un fan e redattore:
Una lettera d’amore lunga 15 anni
Prima di toccare con mano il nuovo episodio, il resoconto della lunga relazione tra Tomb Raider e un suo utente.
di Francesco Alinovi, pubblicato il 3/6/2011Era il novembre del 1996 quando ci siamo incontrati per la prima volta. A quel tempo studiavo all’università, non sapevo dove sbattere la testa e ancora non avevo conosciuto quella ragazza che poi sarebbe divenuta mia moglie e avrebbe messo al mondo i nostri figli. In quindici anni la vita può cambiare radicalmente. Eppure, proprio come tre lustri fa, sono ancora qui a parlare di Lara Croft, dopo aver riversato per lei migliaia di caratteri in un word processor.
Non sono più l’individuo spavaldo con mille porte spalancate davanti a sé, ma all’ottimistica frenesia della giovinezza (di allora) è subentrata la più concreta (per quanto relativa al precariato) preoccupazione dell’età adulta. Lara Croft, invece, è rimasta sempre la stessa. Nel senso che le varie revisioni tecnologiche ne hanno smussato i tratti fisici ma il suo universo, il suo modo di esistere, per quanto in forma digitale, è rimasto sempre lo stesso. Come per tutte le celebrità, sarà costretta a ripetere questo copione di successo per la sua intera esistenza. A differenza dei vip del cinema, però, Lara Croft non può invecchiare. Anzi, può addirittura invertire il processo, e non grazie a qualche magico manufatto azteco, semplicemente pianificando un prequel.
Una posa inconfondibile e le altrettanto inconfondibili tapezzerie interne offerte da PlayStation
A differenza di altre serie storiche che hanno attraversato gli anni e le generazioni hardware, quella di Tomb Raider non si caratterizza per una storia avvincente (per favore, non tiriamo in ballo la perdita della madre…) o per un cast di personaggi memorabile (fortunatamente muoiono tutti). Gran parte del tempo lo si trascorre in compagnia della sua protagonista, così irraggiungibile non solo perché dietro a uno schermo, ma soprattutto per lo scarto emotivo che suscita nel giocatore: alle sue curve da burlesque fa da contraltare un carattere da indomabile bisbetica e una forza d’animo e fisica da lanciatrice di martello dell’ex-DDR, capace di ridurre al silenzio qualsiasi compare di sesso maschile.
Quando ho giocato per la prima volta Tomb Raider, mi sembrava l’esperienza videoludica più intensa a cui avessi mai partecipato. L’unica volta in cui ero entrato nel ventre di una montagna era stato durante la gita dei chierichetti alle grotte di Frasassi e lì mica c’erano i dinosauri! Potevo finalmente rivivere quell’esperienza libero dai continui ammonimenti del monsignore, concentrando l’attenzione più che sulle meraviglie della natura sui prodigi della tecnica, che nonostante l’asperità poligonale del paesaggio consentivano di poter ammirare un fondoschiena così rotondo. E poi, all’improvviso, è comparso il T-Rex più spaventoso che avessi mai incontrato! E da quel momento in poi, è stata una sorpresa continua, fino a raggiungere l’epilogo, quando i resti di Atlantide collassano cancellando per sempre ogni traccia di quella civiltà (ad eccezione della perfida Natla e del clone, che ricompariranno nell’ultimo episodio – cosa vuoi che siano undici anni quando sei una divinità immortale?).
In breve, il primo incontro con Lara Croft fu il colpo di fulmine che mi spinse a voler a tutti i costi scrivere per le riviste di videogiochi. Un’aspirazione che si è avverata addirittura prima di terminare gli studi. Ancora oggi rimpiango di non aver avuto sogni più ambiziosi: che ne so… diventare promotore finianziario, probabilmente adesso non sarei così in agitazione ogni volta che mi viene addebitata una bolletta sul conto corrente. Tutti abbiamo un’epifania che ci mostra la strada. Ecco, nel mio caso (sigh…), quell’epifania è stata Tomb Raider.
Il secondo capitolo introduce svariate novità sul fronte dei contenuti e della tecnologia, non tutte positive, però...
L’amore folle è durato per un anno intero, fino all’arrivo del seguito. Non ricordo più le volte che ho finito i vari livelli di gioco, e a quei tempi mica c’erano gli Obiettivi: era solo fantastico tempo sprecato, e per giustificarlo a chi mi stava intorno dicevo che stavo studiando per la tesi (provateci: funziona!). Il seguito è stato finito in un battibaleno ma, anche se non ero ancora pienamente dentro ai meccanismi dell’editoria specializzata, già mi ero accorto che qualcosa non funzionava. Le sezioni di guida, a cominciare dal motoscafo tra i canali di Venezia, erano una vera tortura. Inoltre, non era così divertente ammazzare esseri umani e, soprattutto, non era così eccitante come sfuggire a un enorme predatore affamato. La varietà delle situazioni (e dei paesaggi) cozzava poi con la coerenza del game design, facendomi così tornare all’esplorazione delle mie amate caverne, in attesa di un terzo episodio che rimettesse il gioco in carreggiata. Quando questo arrivò, avevo appena iniziato a lavorare come professionista. L’aneddoto più curioso riguarda il punto colla per appiccicare il CD demo che facemmo mettere sul naso di Lara Croft, il cui volto era impresso sulla copertina della rivista, in modo da nascondere l’imbarazzante pasticcio combinato da una grafica non proprio all’altezza della situazione. Del gioco vero e proprio ricordo che all’inizio la struttura non lineare delle missioni (cioè la possibilità di scegliere quella da cui partire) mi sembrò piuttosto intrigante. Capii solo in seguito che serviva a celare un vuoto di idee piuttosto significativo. E così, nonostante l’entusiastica recensione (ai tempi nessuno osò parlarne troppo male), in realtà feci fatica a finirlo. Lara non era più la luce dei miei occhi. Al mio fianco, infatti, era comparsa una donna in carne e ossa!
La fiamma si riaccese per un attimo solo in vista del quarto episodio su PSone, il migliore dopo il primo. L’inizio, però, non sembrava promettente: cominciare a giocare con Lara bambina portava a pensare solo il peggio. E in effetti, alla fine, rimane sepolta viva sotto le piramidi. Ma un po’, forse, se l’era andata a cercare… Quando l’inevitabile capitolo successivo arrivò puntale come le abbuffate in occasione delle festività, avevo completamente perso l’entusiasmo: non c’è niente di più triste del commemorare la perdita di una persona cara (durante il Natale), soprattutto quanto si cercano di rivivere i suoi momenti più insipidi. Credo di aver finito al tempo solo il livello introduttivo.
Facendo finta che Angel of Darkness non sia mai esistito, la saga riparte con slancio da Tomb Raider Legend
Anche Angel of Darkness l’ho recuperato postumo, solo perché non potevo credere che tutti l’avessero giudicato così brutto. Come poteva essere? C’era pur sempre Lara nel cast! L’idea che in effetti non fosse veramente morta e che, per la prima volta, avrebbe debuttato sulla nuova potentissima console di Sony, almeno inizialmente aveva riacceso la speranza. Quando appresi che vagabondava come una tossica per i quartieri malfamati di Parigi, mi prese male. Davvero aveva raggiunto il fondo… Quando, alla fine, mi decisi a prendere in mano il controller, capii. A volte ci si può sbagliare. Avevano ragione gli altri. Ecco perché, quando è uscito Legend, ho stappato lo Champagne: avevano finalmente restituito un po’ di dignità alla mia eroina preferita! Il tentativo di ricostruire la continuity che Core Design aveva mandato alle ortiche (non solo a livello di trama ma proprio come impianto ludico) facendo un reset della saga, mi aveva piacevolmente predisposto. Si trattava poi di uno dei primi giochi del catalogo Xbox 360 e quindi l’apprezzai ancora di più. E poi in Legend c’è quel livello fra i grattacieli di Tokyo con Lara strizzata a fatica in un tubino nero: semplicemente indimenticabile!
Quando appresi che il successivo capitolo non sarebbe stato un gioco completamente nuovo ma il remake del primo episodio, la gioia fu davvero immensa. Non è da tutti la possibilità di rivivere a una maggiore risoluzione un pezzo importante della propria formazione di videogiocatore. L’esaltazione andò lentamente calando dopo aver fatto anteprime e recensioni per quasi tutti i formati e le riviste pubblicate da quello che era il mio editore al tempo. L’ho finito su PS2, Xbox 360, PC e PSP (da poco anche su PS3). Di “notevole” c’era il fatto che tra famiglia e lavoro avevo già un decimo del tempo libero di una dozzina di anni prima, quindi si è trattato proprio di secondi strappati anche alle minzioni diurne.
Nonostante i cambi di ritmo, quindi, non ho mai smesso di dedicare del tempo a Lara. Ho apprezzato molto anche Underworld, nonostante fossi già tutto preso per Uncharted – ma Nathan Drake non potrà mai avere lo stesso fascino della predatrice di tombe inglese. I primi livelli di gioco di Underworld, in particolare, si rivelano i più azzeccati e spettacolari, non solo per la sgambatissima tuta da sub. Anche quando Lara se la deve vedere con gli zombi vichinghi il ritmo non cala mai. E per finire, ci sono i due fantastici DLC, che ho condiviso con voi lettori proprio su queste stesse frequenze digitali. Un discorso a parte meriterebbe The Guardian of Light, che ha portato una ventata di novità nella saga, e che funziona bene proprio come diversivo in attesa di contenuti più succosi.
E così arriviamo al presente, con un nuovo Tomb Raider che si profila all’orizzonte. Cosa devo pensare? Sinceramente non lo so. Un po’ sono emozionato, ma è una sensazione molto strana. Quando ho conosciuto Lara Croft, anagraficamente parlando era più vecchia di me. Ora sta per invadere nuovamente gli schermi di casa: ma mentre il sottoscritto è diventato un adulto, lei è tornata ragazzina. Il che, se ci pensate bene un attimo, è piuttosto inquietante. Soprattutto, non sono tagliato per le relazioni morbose. Per sentirmi meno in colpa avrei preferito una versione MILF… Chissà se anche agli sviluppatori è venuto lo stesso dubbio…
Fortunatamente, al momento non ho ancora perso una notte di sonno tormentato da questi sentimenti contrastanti. E volete sapere perché? Eh, dai, volete saperlo! Se proprio insistete ve lo dico eh! Va’ che ve lo dico davvero! Il motivo per cui continuo a dormire sereno è che a me di Tomb Raider…